La Turchia di RecepTayyip Erdoğan si è recentemente aggiunta agli oltre 100 Paesi che, secondo i media ufficiali cinesi, hanno ordinato il vaccino contro il SARS CoV-2 prodotto da aziende cinesi che, a proposito di trasparenza, stanno mostrando i consueti ritardi e numerose omissioni in merito ai dati sulla sicurezza e sull’effettiva efficacia del vaccino. In ogni caso China National Biotec Group (CNBG), azienda di proprietà di Sinopharm, sta sperimentando due vaccini già nella terza fase dei test in Argentina, Bahrein, Egitto, Giordania, Marocco, Pakistan, Perù ed Emirati Arabi Uniti, dove lo stesso Principe ereditario si è offerto volontario per la vaccinazione. Anche la Serbia, sempre più legata a Pechino dopo l’acquisto di droni militari cinesi, testerà due vaccini sviluppati dalle unità di Wuhan e Pechino della CNBG. L’altra azienda cinese Sinovac ha stretto accordi con il Bangladesh (ma qui sono sorti problemi di carattere finanziario), il Brasile, il Cile, l’Indonesia, la Turchia e le Filippine, mentre la CanSinoBiologics (CanSinoBIO), altra azienda cinese attiva nel settore della farmaceutica, sta testando il suo vaccino in Messico, Pakistan, Russia, Arabia Saudita e si attende che si aggiunga anche il Cile.
In Canada la sperimentazione pianificata da CanSinoBiologics era iniziata, ma è stata interrotta alla fine di agosto dopo che i cinesi hanno bloccato le spedizioni del vaccino. I motivi del dietrofront non sono chiari, tuttavia potrebbero aver pesato alcune vicende di spionaggio industriale nelle quali sono implicati i cinesi. Anche l’Uzbekistan è in trattative con Sinopharm e si è altresì offerto di testare un vaccino della AnhuiZhifei Longcom Biopharmaceutical, che sta per iniziare la terza fase di sperimentazione.
Tutti questi Paesi che hanno stretto accordi con aziende cinesi e di conseguenza con il Governo di Pechino prevedono l’acquisto o la produzione in loco del vaccino: l’Indonesia, ad esempio, potrà contare su 50 milioni di dosi di concentrato in modo da poter avviare la produzione locale e lo stesso farà la Turchia che ne ha acquistate 20 milioni di dosi. Fino a qualche settimana fa la narrazione di Pechino descriveva come la Cina sarebbe stata la prima nazione a produrre (dopo aver causato il disastro attuale, n.d.a.) «il vaccino più efficace e sicuro» da distribuire in tutto il globo, poi sono arrivate le notizie sui problemi riscontrati da Sinovac in Indonesia e subito dopo le prove dell’efficacia dei vaccini di Pfizer e Moderna e per Pechino il colpo è stato duro. Nonostante questo, la Cina insegue la possibilità di poter fornire un vaccino meno costoso di Pfizer e Moderna da destinare a tutti quei Paesi che hanno aderito alla Belt&Road Initiative (la Nuova via della seta). Il Risiko dei vaccini ha chiare implicazioni geopolitiche, basti pensare che Pechino ha offerto 1 miliardo di dollari di prestiti ai Paesi dell’America Latina e dei Caraibi, alcuni dei quali con economie sul lastrico (vedi l’Argentina), per poter disporre dei vaccini, mentre con quanto fatto in Bangladesh si è gettata nuova benzina sul fuoco della rivalità sino-indiana mentre l’abbraccio con la Turchia va a toccare il disastroso rapporto tra Ankara e la NATO.
La cosiddetta «diplomazia dei vaccini», strettamente collegata alla «diplomazia del debito» messa in campo dal Governo cinese, è un percorso dove i rischi che si corrono sono moltissimi; ad esempio, nessuno è in grado di garantire che in caso di problemi con i vaccini l’atteggiamento cinese sarà diverso da quello tenuto nella vicenda dei dispositivi medici e attrezzature medicali difettati usati per il contrasto alla COVID e comunque esportati in tutto il mondo. E chi sarebbe in grado di garantire che il vaccino non venga replicato illegalmente in qualche laboratorio cinese privo di qualsiasi sicurezza? A tal proposito un’inchiesta giornalistica di Bloomberg ha mostrato come sono già in circolazione sul mercato nero numerose dosi del vaccino sviluppato da Sinopharm: le fiale costano 90 dollari e le transazioni avvengono sul web. A chi crede che su questo vigileranno le autorità cinesi non resta che fare gli auguri.
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