L’Isis torna a ruggire in Iraq e l’esperto avvisa l’Europa: “Non dobbiamo mai perdere la capacità di immaginare l’inimmaginabile”. (MDD 31.01.2021)

Lo Stato Islamico (ISIS) ha rivendicato il doppio attentato suicida dello scorso 22 gennaio 2021 a Baghdad (Iraq) che ha ucciso almeno 36 persone, ferendone 120. L’attentato avvenuto in piazza Tayaran, nei pressi di un mercato di vestiti usati molto frequentato, nel centro della città è stato compiuto da due kamikaze (uno saudita). Il primo attentatore suicida aveva affermato di essere malato e mentre le persone si erano avvicinate a lui per aiutarlo, ha azionato il suo giubbotto esplosivo. Il secondo attentatore suicida si è fatto saltare in aria dopo che le persone e i soccorritori, stavano aiutando i feriti nella prima esplosione. Dopo diverse ore, l’attacco è stato rivendicato dall’ISIS sui suoi account Telegram. Si tratta del più grande attacco terroristico a Baghdad dal 2017, cioè da quando l’ISIS era stato militarmente sconfitto sul territorio iracheno e siriano. L’ultimo attentato suicida a Baghdad era avvenuto a gennaio del 2018 nella stessa piazza del centro della capitale irachena (piazza Tayaran). Della rinnovata pericolosità in Iraq dell’Isis della incessante propaganda jihadista ne abbiamo parlato con  Franco Iacch, analista esperto in Information Warfare, Terrorism, Security and Defense. Master in Terrorismo Internazionale, collabora con diverse organizzazioni e media. È autore molteplici pubblicazioni ed articoli su terrorismo, insurrezione, cyber warfare e contromisure (COIN e CT).

A che punto è il contrasto alla propaganda jihadista sul web?

Le organizzazioni terroristiche utilizzano i livelli profondi del web per comunicare, reclutare, radicalizzare, diffondere la propaganda, pubblicare guide, raccogliere fondi e coordinare operazioni ed attentati. Il Dark Web, un piccolo segmento del Deep Web, è utilizzato per proteggere il traffico e garantire l’anonimato degli utenti, ma anche come backup per il materiale ufficiale delle organizzazioni terroristiche come Stato islamico ed al-Qaeda. Alla traccia chiara del Surface Web, quindi, corrisponde l’anonimato del Dark Web. Il grado di resilienza di un contenuto offensivo, violento o estremista pubblicato nel Surface Web dipenderà da determinati fattori: ad esempio un materiale pubblicato in lingua araba garantirà una maggiore persistenza e resilienza digitale rispetto alla sua versione in lingua inglese. In ogni caso, un contenuto offensivo o illegale pubblicato oggi nel Surface Web, dovrebbe essere identificato come tale dall’IA e rimosso in poche ore. Ai livelli inferiore del web, ciò non avviene. Sarebbe corretto affermare, quindi, che l’incremento delle attività illecite nel Deep Web è stato determinato dal sempre più crescente tasso di rimozione dei contenuti estremisti dalle piattaforme social. È evidente come la crescente sofisticazione dell’utilizzo dei livelli più profondi del Web rappresenti uno strumento formidabile di comunicazione strategica e resilienza per lo Stato islamico e le organizzazioni terroristiche ed una dura sfida per i governi e le agenzie di intelligence.

Perché è così difficile impedire che vengano pubblicati i giornali ufficiali dell’Isis o di Al Qaeda senza contare tutta la propaganda jihadista ?

L’IA delle principali piattaforme web è progettata per identificare i contenuti indesiderati come la pornografia, la propaganda terroristica e la violenza estrema tramite segnalazione umana e/o rilevazione automatica. Tuttavia a causa di diversi fattori (come l’enorme volume di dati caricati, la capacità di mascheramento dei terroristi, collegamenti a piattaforme non monitorate etc…etc…) molti contenuti riescono a sfuggire all’IA delle piattaforme web. Tuttavia potrebbe esistere un serio problema legato ai contenuti jihadisti pubblicati in lingua araba. Un problema legato all’incapacità degli algoritmi delle piattaforme web di rilevare i contenuti violenti pubblicati in lingua araba. Sembrerebbe, infatti, che gran parte degli sforzi si siano concentrati sui contenuti in lingua inglese. I contenuti pubblicati in arabo, la lingua più utilizzata dai terroristi sulla rete, invece, sono identificati con una certa difficoltà. L’IA delle piattaforme web dovrebbe necessariamente essere migliorata, aggiornando il proprio database in lingua araba così da potenziare le sue capacità di rilevazione ed apprendimento automatizzato.

Per tornare al terreno militare come valuta le recrudescenza delle attività dell’Isis nel “Siraq” ? Puo’ avere conseguenze anche in Europa?

L’attività dello Stato islamico in Iraq e Siria resta alta, ma inferiore rispetto a quella rilevata e monitorata dal 2013 al 2019. A tale riduzione delle attività si contrappone una ascesa ed espansione delle province dello Stato islamico in tutto il mondo (Europa, Russia, Eurasia, Asia e Africa). Una transizione, quindi, delle attività dal Medio Oriente e dal Nord Africa, con una presenza globale che è diventata una parte crescente delle operazioni dello Stato islamico. In particolare, il continente africano è diventato il fulcro della crescita degli affiliati e dell’aumento dell’attività. Stiamo già assistendo alla crescente influenza dello Stato Islamico nelle operazioni di conflitto ed insurrezione in paesi come il Mozambico ad esempio, dove si presume che il gruppo fornisca combattenti e risorse a sostegno di una continua insurrezione islamica locale. Anche dopo la sua sconfitta territoriale, la capacità di resilienza ed adattamento dello Stato islamico non dovrebbe essere sottovalutata. Bisognerà capire, a riguardo il modello AQAP potrebbe essere utile, come si evolverà la traiettoria (ambizione internazionale o locale) delle province dello Stato islamico. Non è ciò che verrà dopo lo Stato Islamico, ma piuttosto come la sua frammentazione globale avrà un impatto e potenzialmente favorirà le sue operazioni nei prossimi anni. La strategia dello Stato Islamico si basa su quello che definisco come modello insurrezionale dinamico generazionale. Il modello della rete terroristica globale clandestina destagionalizza le operazioni, inquadrandole in un piano di espansione globale. Alla rete terroristica globale clandestina spetta la guerriglia a lungo termine, così da minare la volontà politica dei paesi occidentali allineati contro lo Stato islamico. Destagionalizzando le operazioni, lo Stato islamico non ha l’urgenza e la necessità di dare un immediato riscontro nel mondo reale. L’organizzazione terroristica è tenuta insieme dalla sua ideologia, non dalla sua presenza fisica in Iraq e Siria. L’obiettivo della propaganda (tattica di rivendicazione strutturata per dare l’illusione di una portata globale) nel breve e medio termine, sarà quello di continuare ad incentivare l’espansione del gruppo nelle regioni dove la penetrazione jihadista è stata relativamente debole. All’attuale generazione jihadista è stata già affidata la responsabilità di una guerriglia urbana a lungo termine così da minare la volontà politica dei paesi occidentali allineati contro lo Stato islamico. La leadership dell’organizzazione terroristica è ben consapevole che l’elemento più vulnerabile delle democrazie occidentali è la volontà del popolo.

Nel 2020 sono stati sventati alcuni attentati in Europa nei quali si prevedeva l’utilizzo di piccoli droni. E’ questa la nuova frontiera del terrorismo “made in Europa”?

Fin dal 2015 l’Isis ha immesso sulla rete numerosi guide per la riconversione offensiva dei droni commerciali. Come è noto tutti le componenti UAV sono facilmente accessibili per una tecnologia non più esclusiva degli attori statali. Con poche centinaia di euro chiunque può acquistare un drone stabilizzato dotato di telecamera HD, GPS e con una minima capacità di carico. La pronta disponibilità di questo tipo di tecnologia offusca la linea tra elettronica militare e commerciale. Nel contesto urbano, tale minaccia potrebbe avere effetti devastanti. Una ottimale rete di difesa urbana dovrebbe implementare diverse misure di rilevamento radar ed individuazione (acustica, emissione radio, elettro-ottica) così da migliorare la capacità di tracciamento. Tranne pochissime eccezioni in aree sensibili, le città europee non sono protette da un sistema stratificato di difesa contro uno sciame robotizzato. Parliamo in ogni caso di una minaccia relativamente nuova e non ancora ben definita. Per dimensioni e materiali (molti dei quali non riflettenti), i droni sono difficilmente rilevabili dai sistemi convenzionali di tracciamento (dove presenti). Vorrei anche precisare che il processo evolutivo nella produzione dei droni a basso costo per gli attori non statali si è mantenuto costante. Dai droni realizzati a mano al processo di stampa in 3D, ad esempio, sono trascorsi meno di tre anni. La minaccia attuale è ben più complessa rispetto a quelle percepite nel 2010, a causa delle tecniche di occultamento creative associate ai nuovi dispositivi esplosivi improvvisati e non. L’Improvised Air Threat, infatti, non deve essere necessariamente concepita soltanto come armata, poiché l’implementazione degli esplosivi sui dispositivi a basso costo, in alcuni casi rappresenta soltanto un dettaglio. L’antiterrorismo non deve mai perdere la capacità di immaginare (quello che negli Stati Uniti chiamano Imagination Gap). Oggi la tecnologia degli sciami è una realtà (lo stormo di droni kamikaze testato dalla Cina lo scorso settembre ne è un chiaro esempio). Se non fossero adattabili, i terroristi non sarebbero nulla. Droni e Jetpack illegali potrebbero rappresentare il futuro dell’Improvised Air Threat. Non dobbiamo mai perdere la capacità di immaginare l’inimmaginabile.

@riproduzione riservata 

 

Leave a reply:

Your email address will not be published.

Site Footer