Secondo la Rivista scientifica “The Lancet” il preparato russo Sputnik V funziona al 91.6%. Intanto aumentano i cyberattacchi contro i produttori di vaccini. (MDD 21.02.2021)

Il vaccino contro il coronavirus di produzione Sputnik ha un’efficacia superiore al 90% e questo secondo i risultati di uno studio pubblicato sull’autorevole rivista scientifica “ Lancet”. Secondo quanto dichiarato dai ricercatori ai test della terza fase di sperimentazione avrebbero partecipato oltre 20′ risultati preliminari dei trial parlano di un’efficacia del vaccino del 91.6%. Dallo studio inoltre emerge che “non ci sarebbero stati effetti collaterali gravi correlati alla vaccinazione” e le tre morti avvenute durante la fase di sperimentazione sono risultate essere collegate al vaccino. Una storia, quella dello Sputnik che è stata fino ad oggi abbastanza travagliata da quando l’11 agosto del 2020, mentre il mondo si trovava in piena pandemia, il presidente russo Vladimir Vladimirovič Putin annunciò improvvisamente l’approvazione del vaccino russo. L’intera comunità internazionale venne colta di sorpresa ed espresse subito molti dubbi sul vaccino che venne approvato in Russia ancor prima dell’inizio della terza fase di sperimentazione. Un azzardo? Forse. In ogni caso per convincere la popolazione russa e il mondo scientifico sulle proprietà dello Sputnik V, Putin dichiarò che il vaccino era talmente sicuro che una delle sue due figlie se lo era fatto somministrare senza aver avuto alcun effetto collaterale. Vero o falso? Come accade quasi sempre nelle vicende russe è impossibile avere conferme in un senso oppure nell’altro, senza contare che l’impresa diventa impossibile (e alquanto pericolosa) quando si tratta di questioni che toccano la famiglia dello Zar.

Come funziona il vaccino russo

Lo Sputnik V è stato prodotto nei laboratori del “Gamaleya Research Institute of Epidemiology and Microbiology” fondato a Mosca nel 1891 in collaborazione con il Fondo russo per gli investimenti diretti (RDIF). Contrariamente ad altri vaccini a mRNA (molecole messaggere che trasportano l’informazione genetica dell’agente patogeno nelle cellule umane, vedi quelli di Pfizer-BioNTech e Moderna), lo Sputnik V sfrutta la tecnologia a “vettore virale” come i vaccini di AstraZeneca e Johnson & Johnson. Anche in questo caso l’obiettivo è quello di far produrre al sistema immunitario gli anticorpi diretti contro la proteina spike di Sars-Cov-2. Ciò che cambia nel caso dei vettori virali è il metodo con cui ciò si verifica. Questo tipo di vaccini è caratterizzato da due componenti: un virus reso innocuo (la scatola) contenente una piccola porzione di DNA che serve a far produrre la proteina spike. Come descritto dalla “Fondazione Umberto Veronesi” in un suo paper, “Il vaccino Sputnik, a differenza degli altri a vettore virale, sfrutta due ‘scatole’ differenti. Nella prima iniezione viene utilizzato il virus Ad26 per la prima dose e Ad25 per la seconda, a 21 giorni dalla prima. Una scelta, quella di utilizzare due vettori differenti, utile a ridurre il rischio che, dopo la prima dose, l’organismo produca anticorpi contro la prima ‘scatola’ con una conseguente riduzione di efficacia della vaccinazione. Il vaccino Sputnik V, dunque, è in realtà la combinazione di due vaccini”. Per tornare alle perplessità di buona parte del mondo scientifico vanno registrate la parole di Enrico Bucci, ricercatore in Biochimica e Biologia molecolare e professore alla Temple University di Filadelfia: “Non funziona così: non si può saltare la fase III di un vaccino, dopo aver fatto 2 piccoli studi su 76 volontari, di cui nessuno sa nulla, e poi proclamare che siccome il vaccino ha funzionato su una figlia, ormai è pronto. Senza dati solidi, in queste condizioni non mi vaccinerei nemmeno io. Per fortuna, i vaccini per il coronavirus Sars-Cov-2 in sviluppo sono circa 200, e dei 4 più avanzati sappiamo molto, molto di più e se vogliamo uscire dalla crisi è necessario che propaganda e geopolitica non prendano il sopravvento sul metodo scientifico e sui protocolli sperimentali”.

Da quando è stato approvato dal Cremlino, sono molti i Paesi che hanno fatto richiesta dello Sputnik V e attualmente sono 16 quelli che ne hanno certificato la validità avviando le campagne vaccinali. Ttuttavia permane lo scetticismo, specie in Europa. Di fatto l’UE ha assunto un atteggiamento inizialmente diffidente poi, ultimamente, si è mostrata più possibilista in merito al suo utilizzo. Ora la Russia dovrebbe completare l’iter consegnando all’Agenzia Europea del Farmaco (EMA) i dati necessari per l’approvazione. Fino ad ora non l’ha fatto forse anche a causa delle difficili relazioni tra Mosca e l’UE e quelle con la NATO ma è auspicabile che, almeno in questo caso, si superino le reciproche diffidenze.

Geopolitica dei vaccini

In un momento storico in cui l’ondata pandemica con annesse varianti non è ancora finita, la possibilità di esportare il vaccino, superando così le difficoltà di produzione di altre industrie farmaceutiche occidentali, potrebbe garantire almeno in linea teorica al Cremlino una carta geopolitica negoziale da utilizzare ai tavoli dove si discutono dossier sensibili, come la questione della Crimea (invasa nel 2014) e le conseguenti sanzioni, l’esclusione dal G8 e la vicenda dell’oppositore Aleksej Naval’nyj che Vladimir Putin considera solo “uno strumento dell’Occidente per frenare la Russia”? Secondo la giornalista Anna Zafesova, prestigiosa firma de La Stampa e il Foglio, distinguere l’aspetto mediatico da quello pratico con la Russia non è mai facile: “Oltre allo Sputnik ci sono almeno tre altri vaccini in preparazione/ distribuzione, sui quali però non sappiamo molto. L’unico del quale si parla e che viene utilizzato dalla propaganda è il primo in ordine di tempo, lo Sputnik-V, del quale i dati sulla diffusione/produzione/vaccinazioni effettuate con lo Sputnik sono estremamente contraddittori se mi riferisco ai dati forniti dai russi stessi. L’invio più massiccio del vaccino all’estero per ora è in Argentina, 300 mila dosi secondo dati dichiarati dai media russi. In altre parole, la capacità dei russi di soddisfare il fabbisogno dei suoi 145 milioni di abitanti, più Paesi satelliti tipo Bielorussia, territori occupati come il Donbass e Ossezia del sud, più eventuali richiedenti – Venezuela, Ungheria, Argentina, Vietnam ecc. – appare per ora totalmente insufficiente. A meno che non vengano avviate produzioni su licenza nei Paesi interessati. Lo Sputnik è un vaccino ‘tradizionale’, come quelli cinesi e come quasi tutti quelli prodotti nei Paesi emergenti come India e altri. È evidente che, a meno di una gravissima crisi nella distribuzione di vaccini evoluti come Pfizer e Moderna, i Paesi ricchi vorrebbero vaccini più ‘moderni’. E nel mercato emergente i russi si troverebbero a competere con cinesi, turchi e molti altri”. Ma il vaccino russo funziona oppure no? “ Sulla qualità dello Sputnik restano grosse perplessità in assenza di “trial” fatti con gli standard internazionali. Funziona, ma quanto e per quanto? Sono domande che si pongono anche per tutti gli altri vaccini, ma nei confronti dei metodi di verifica russi c’è ovviamente meno fiducia. Infine sugli aspetti politici io credo che possiamo immaginarci uno scenario fantapolitico come quello che l’Europa ‘perdoni’ la Crimea a Putin in cambio dei vaccini soltanto in un film dove l’Europa è priva di vaccini e sta morendo sotto i colpi del virus mentre la Russia produce vaccini in abbondanza. Un film, appunto. In condizioni attuali, la Russia potrebbe nel peggiore dei casi partecipare alle forniture all’Europa, insieme ad altri. Facendolo con partite massicce, però, andrebbe incontro a un problema interno: come spiegare ai russi che gli odiati europei, appena dichiarati partner ‘inaffidabili’ con i quali si è pronti a ‘rompere’, a detta del ministro degli esteri Lavrov, devono ricevere il vaccino mentre i russi continuano a morire? Quindi è tutta propaganda mediatica: la Russia non è in grado di vaccinare l’Europa con lo Sputnik V”. Intanto sempre a proposito di vaccini l’agenzia stampa “Reuters” negli scorsi giorni, ha reso noto che “secondo l’agenzia di intelligence della Corea del Sud, la Corea del Nord ha cercato di rubare informazioni sui vaccini e le cure contro il coronavirus attraverso un attacco hacker contro Pfizer”. Non bastassero le immense problematiche globali causate dalla pandemia di Sars Cov-2 ora bisogna fare i conti anche con lo spionaggio contro le autorità sanitarie, gli scienziati e le case farmaceutiche coinvolte nello sviluppo dei vaccini. Non poteva andarci peggio di così.

@riproduzione riservata MDD

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