Corea del Nord: per finanziare il proprio programma nucleare utilizza il cybercrimine
Lo scorso 2 marzo 2021 l’Agenzia internazionale per l’energia atomica delle Nazioni Unite (IAEA) ha lanciato un nuovo allarme sulla Corea del Nord che nonostante le sanzioni dell’Onu in vigore dal 2006 continua a portare avanti il suo programma nucleare. Secondo l’IAEA Pyongyang continua ad essere “una causa di grande preoccupazione”, anche perché da quasi due anni nulla si è mosso nei negoziati per la sua denuclearizzazione. Preoccupazione che il direttore generale dell’IAEA, Rafael Grossi, ha espresso con queste parole: “ La continuazione del programma nucleare della Corea del Nord è una chiara violazione delle risoluzioni del Consiglio di Sicurezza dell’Onu e ciò è profondamente deplorevole”. Per l’Agenzia dell’Onu avere a che fare con i nord-coreani è da sempre un percorso ad ostacoli visto che agli investigatori della IAEA non viene consentito di entrare in Corea del Nord: possono verificare quanto accade a Pyongyang solamente attraverso satelliti e rapporti di intelligence. In ogni caso le prove raccolte sulle attività del regime di Kim Jong-un, oramai incontrastato “Leader supremo della Repubblica Popolare Democratica di Corea”, sono schiaccianti ed in particolare sui progressi fatti nel 2020 nella costruzione dell’arsenale nucleare che passa dallo sviluppo del Centro di ricerca scientifica nucleare di Nyongbyon (a circa 100 km a nord di Pyongyang) che è la principale struttura nucleare della Corea del Nord dove oggi vi sarebbero, sempre secondo l’IAEA, “reattori nucleari, impianti di ritrattamento del combustibile e di arricchimento dell’uranio”. Il nuovo caso è scoppiato lo scorso 8 febbraio quando gli investigatori dell’Onu hanno affermato che Pyongyang ha violato le sanzioni dell’Onu per sviluppare i propri programmi balistico-nucleari. Ma con quali soldi visto che il Paese è da tempo in ginocchio anche a causa della pandemia? Secondo Francesca Manenti Senior Analyst, responsabile del desk Asia e Pacifico del Ce.S.I. (Centro Studi Internazionali):“ La Corea del Nord ha dimostrato di avere una grande resilienza nonostante il regime di sanzioni implementato dalla Comunità Internazionale negli ultimi anni. L’ultimo rapporto redatto dal Panel di esperti del Consiglio di Sicurezza dell’ONU mette proprio in luce come esistano tutt’ora dei canali che Pyongyang riesce a sfruttare per portare avanti il proprio programma di ricerca balistico e nucleare”. “Da un punto di vista conoscitivo sembrerebbe che ci sia un passaggio di informazioni tra il regime e ricercatori impiegati nelle redazioni di riviste scientifiche e tecniche, consentendo così alle autorità nordcoreane di essere sempre al passo con le ultime scoperte e con gli studi più promettenti in materia. Da un punto di vista finanziario, è stato più volte provato che la Corea del Nord sia riuscita a violare l’embargo non solo sull’import di prodotti ma anche sull’export di materie prime (in primis carbone), che possono diventare così merce di scambio o fonte di reddito per l’erario. Parimenti, le autorità nordcoreane cercano tutt’oggi di far fruttare attività connesse con alcune delle proprie rappresentanze diplomatiche all’estero, così come di utilizzare società di facciata per gestire attività in settori strategici, tra cui la filiera legata al programma nucleare e balistico, o di utilizzare le revenue dei lavoratori all’estero. Tuttavia, a fare davvero la differenza è la possibilità che la Corea del Nord continua ad avere la possibilità di accedere al sistema finanziario internazionale, in particolare attraverso operazioni cyber ai danni di Istituzioni finanziarie e di provider di servizi legati ad asset virtuali (come le criptovalute). Le autorità nordcoreane sembra siano riuscite a riciclare criptovaluta in valuta corrente per un valore di circa 200 milioni di dollari tra il 2017 e il 2019. È di pochi giorni fa la notizia che la Corea del Nord sarebbe riuscita a sottrarre circa 360 milioni di dollari in assetti virtuali nel corso del 2020”.
E cosa si sa dei rapporti con l’Iran?
“Sono state individuate nel corso del tempo una serie di attività illecite tra i due Paesi che vanno dal contrabbando di oro al traffico di armi e tecnologia più complessa, anche balistica. Non è tuttavia ancora stato chiarito quanto strutturato sia questo legame e quanto invece frutto di opportunità contingenti. È possibile immaginare che il comune interesse di sviluppare una capacità di deterrenza nucleare e di aggirare l’isolamento creato dalle sanzioni abbia creato nuove occasioni di collaborazione”. Una situazione quella denunciata dagli ispettori dell’IAEA che preoccupa particolarmente il Pentagono come sottolinea Francesca Manenti: “L’Amministrazione Biden eredita un dossier divenuto ancora più complicato dalle scelte fatte dall’ex Presidente Trump, perché ora Pyongyang ha un precedente a cui appigliarsi per cercare di far passare l’idea che un dialogo per risolvere la questione nucleare fosse possibile, ma che non ci sia stata la volontà politica di portarlo avanti. In realtà la situazione è sempre stata più complessa di quanto le strette di mano e le foto opportunities colte nei due summit tra Kim e Trump avessero voluto far intendere. La distanza tra le due parti è di principio: per la Corea del Nord non ci può essere negoziato senza un sollevamento a priori delle sanzioni economiche; per gli Stati Uniti non ci può essere una distensione prima che Pyongyang dismetta la propria capacità nucleare. Kim Jong-un è recentemente tornato a flettere i muscoli per dimostrare la forza militare acquisita dal regime e probabilmente recuperare un po’ di quella narrativa minacciosa che aveva acceso così tanta attenzione sulla Penisola coreana ormai quattro anni fa. Come è già accaduto in passato, però, il rilancio del leader nordcoreano potrebbe significare che il regime sia ancora disponibile a ricominciare laddove la precedente Amministrazione americana si era interrotta. Resta però da vedere se e come la questione coreana rientrerà tra le priorità di politica estera del nuovo Presidente, rispetto a quanto non sia accaduto fino ad ora. Se così dovesse accadere, probabilmente l’Amministrazione Biden potrebbe scegliere un approccio più cauto e discreto, funzionale a costruire le basi e un quadro di intesa generale all’interno del quale capire se ci siano margini per una nuova trattativa. Non è da escludere che ciò avvenga, specialmente in un momento in cui Washington vuole tornare ad essere percepito dagli alleati in Asia come un partner politico credibile e affidabile”.
La sorella misteriosa
Se la posizione di Kim Jong-un resta saldissima al potere alcune indiscrezioni sono circolate su , sorella del dittatore, una figura abbastanza misteriosa della quale Erminia Voccia, giornalista ed esperta di questioni nord-coreane, sottolinea come “ durante l’ottavo Congresso del Partito dei Lavoratori la sorella del dittatore nordcoreano Kim Jong-un non è comparsa nella lista dei membri del Politburo della quale faceva parte come membro supplente dal 2017. Una retrocessione, secondo alcuni. Resta un membro del comitato centrale, un ruolo che comunque le conferisce ancora grande influenza. E durante il congresso del Partito è apparsa ancora una volta accanto al fratello maggiore. I segnali dunque non sono univoci. Kim Yo Jong potrebbe tranquillamente essere nominata di nuovo membro del Politburo. Questa assenza però non esclude future promozioni”.
Protezione della Cina
Se per gli Stati Uniti i nord-coreani restano un grosso problema lo stesso si può dire della Cina, grande protettore di Pyongyang, anche se secondo alcuni analisti non avrebbero più un rapporto solido proprio a causa delle continue violazioni del regime di Kim Jong-un, e per Francesca Manenti “il rapporto tra la Cina e Pyongyang è divenuto più complicato nel corso degli anni, specialmente dopo l’ascesa di Kim Jong-un e l’eliminazione di Jang Song-thaek, cognato del leader supremo e uomo di fiducia di Pechino all’interno del regime. Le continue provocazioni missilistiche e i test nucleari condotti dal regime nordocreano dal 2016 avevano contribuito ad incrinare i rapporti con il Governo cinese, che mal sopportava l’assembramento dell’attezione militare americana in una zona così a ridosso del proprio territorio nazionale. Tuttavia, i due Paesi continuano ad essere legati da uno spiccato pragmatismo, che rende il legame ancora oggi interessante per entrambi. Per Pyongyang, l’appoggio cinese rappresenta una sorta di garanzia contro possibili attacchi militari provenienti dall’esterno. La Cina si è sempre detta contraria e pronta ad intervenire a protezione di Pyonguang a fronte di un’eventuale azione unilaterale di un Paese terzo ai danni del regime nordcoreano. Questo non tanto per un’alleanza di sorta con la Corea del Nord quanto per l’interesse strategico di mantenere una zona cuscinetto tra il confine cinese e le Forze statunitensi di stanza in Corea del Sud. In questo contesto, la Corea del Nord è sembrata far affidamento sul costo che avrebbe per gli altri attori regionali e per gli stessi Stati Uniti iniziare un’escalation di tensioni con la Cina per tirare la corda delle provocazioni. Dal canto suo, Pechino potrebbe considerare il rapporto esclusivo con la Corea del Nord una carta utile da giocare nel più ampio quadro degli equilibri in Asia orientale, specialmente in un momento in cui la competizione con gli Stati Uniti sta arrivando ad un nuovo livello e che le tensioni nell’area potrebbero innalzarsi da un momento all’altro”. Insomma la partita Kim Jong-un e resto del mondo è ben lungi dall’essere conclusa. Anzi..
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