Stanno facendo discutere una serie di misure messe in atto dal Governo danese per scoraggiare l’immigrazione. Infatti, dal 2011 in Danimarca, un paese di 5,8 milioni di abitanti, sono arrivati più di 34’000 rifugiati solo dalla Siria. Secondo Statistics Denmark, l’11% della popolazione è di origine straniera. Il 58% di questa fetta demografica proviene da un Paese considerato non occidentale. In generale, la Danimarca è considerata sicura e pacifica, tanto che nel 2020 si è posizionata al quinto posto nella classifica dei Paesi più pacifici del mondo. Tuttavia, il numero di crimini violenti denunciati è aumentato in modo significativo negli ultimi dieci anni. Nel 2020 il numero ammontava a circa 444’000 reati. Il numero di casi di stupro denunciati è lievitato negli ultimi anni: nel 2014 sono stati 584, ma il picco nel 2018 con 1’672 segnalazioni. Il numero è leggermente diminuito nel 2019, attestandosi a 1’662 appelli d’aiuto.
I problemi alla sicurezza nazionale
Moltissimi problemi alla sicurezza nazionale sono arrivati dalla diffusione dell’islam nelle sue forme più estreme. Le autorità ritengono che siano almeno 158 i foreign fighters danesi partiti per la Siria e l’Iraq dal 2012. Molti, tra questi, incassavano le generose rendite dello Stato sociale. Il terrorismo islamico continua a minacciare la Danimarca, come visto lo scorso 14 febbraio dopo che i Servizi segreti danesi (PET) hanno reso noto di avere sventato uno o più attentati (in Danimarca e in Germania) grazie all’arresto di 14 estremisti islamici. Le strade e le piazze danesi sono diventate da tempo (almeno dal 2009) il campo di battaglia prediletto delle gang criminali del Paese. Le più importanti e meglio organizzate si chiamano“Brothas” (in larghissima parte immigrati) e “ Loyal to Familia”- “ fedele alla famiglia”- che ha in Shuaib Khan il suo leader carismatico. Poi ci sono i Bandidos, una gang di motociclisti chiamata Værebros Hårde Kerne e i loro alleati, i Satudarah. In totale gli affiliati alla gang in Danimarca sarebbero più di 2’000. Nelle carceri i detenuti che hanno un passato nelle bande criminali sarebbero almeno 500.
Il cambiamento di paradigma
Tra le misure più contestate adottate dal governo c’è quella che riguarda i 29 quartieri a basso reddito che Copenaghen ha classificato come ‘ghetti’.
Per questo motivo è stato deciso che le case popolari non possono essere più del 40%. Gli sfratti di massa che ne derivano sono parte di un piano che intenderebbe aumentare l’integrazione delle comunità di immigrati nella società danese. Questa idea ha però ricevuto pesantissime critiche anche dall’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani. In ogni caso, a Copenaghen tirano dritto: dal 2019 la Danimarca è diventato il primo Paese dell’Unione Europea a togliere il permesso di soggiorno a più di 250 profughi siriani.
Nel solo mese di marzo 94 rifugiati siriani sono stati privati dei loro permessi di soggiorno temporanei. La mossa arriva dopo che il Governo danese ha deciso di estendere l’area della Siria che considera sicura per includere il Governatorato di Rif Dimashq. Una zona, per precisare, che include la capitale Damasco. Il “cambiamento di paradigma” così come lo chiamano le autorità danesi, era radicalmente mutato già nel 2015 durante il Governo di Helle Thorning, quando tutti i permessi validi 5-7 anni vennero portati a 1-2 anni. Si decise di introdurre uno status speciale di breve durata per alcuni rifugiati siriani e venne approvato un nuovo articolo 19(1), che rese possibile la revoca dello status di rifugiato facendo riferimento anche a piccoli miglioramenti nel loro Paese di origine. Con l’adozione di questo articolo, 900 rifugiati somali persero il permesso di soggiorno, anche se la maggior parte di loro si trovava da 4-5 anni in Danimarca. Nonostante le proteste delle organizzazioni umanitarie, Copenaghen
non ha fatto marcia indietro e la situazione è molto complicata anche a causa del fatto che il Governo danese non ha relazioni diplomatiche o accordi di collaborazione con le autorità siriane, perciò chi perde il permesso di residenza e non vuole partire spontaneamente viene mandato nei centri per il rimpatrio: lì i siriani possono rimanere anche per diversi mesi senza alcuna prospettiva su cosa accadrà loro.
Sinistra contro i migranti
Già nel 2018 erano entrate in vigore una serie di leggi per regolare la vita delle persone definite “non occidentali” che vivevano nei cosiddetti“ ghetti”. È stato creato l’obbligo per i bambini figli di immigrati di frequentare corsi sui “ valori danesi” e la riduzione degli alloggi a prezzi calmierati per le famiglie provenienti da Paesi non occidentali. Tra coloro che si sono distinti per la linea dura c’è la parlamentare Inger Beinov Støjberg, secondo la quale: “ Si potrebbe anche essere onesti e dirlo senza mezzi termini: l’immigrazione non occidentale, e quindi principalmente musulmana, ha danneggiato la Danimarca molto più di quanto ne abbia beneficiato”.
Con le misure adottate in Danimarca nell’ultimo anno sono arrivati meno rifugiati di quanti ne siano partiti ma l’attuale Governo non è ancora soddisfatto, tanto che il primo ministro socialdemocratico Mette Frederiksen ha dichiarato: ‘Dobbiamo proteggere le persone per tutto il tempo necessario. Ma quando le condizioni nel Paese di origine migliorano, un ex rifugiato dovrebbe tornare a casa e ristabilire una vita lì” – aggiungendo – “il nostro obiettivo è avere zero richiedenti asilo”. Ecco perché da qualche mese il Ministero per l’Immigrazione offre grosse somme di denaro a chi decide di tornare in Siria volontariamente. A tal proposito l’UNHCR, l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, ha nuovamente ammonito la Danimarca chiedendogli di cambiare politica sull’immigrazione e di uniformarsi alle norme internazionali e dell’Unione Europea. Leggi, queste ultime, che obbligano i paesi membri ad accogliere chi fugge dai conflitti, oltre a consentire i ricongiungimenti famigliari. Tutte cose che ora la Danimarca non vuole più.
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