Chi ha vinto e chi ha perso le elezioni in Germania? Come si comporrà la prossima coalizione di Governo e in che tempi? La tornata elettorale ha visto il successo del Partito Socialdemocratico (SPD), dei Verdi e in misura minore dei Liberali. Per l’Unione Cristiano Democratica (CDU) di Armin Laschet è stata una vera e propria disfatta visto che ha perso più di 4 milioni di voti rispetto al 2017, ma non solo, perché 2 milioni di voti sono andati alla SPD e più di 1 milione ai Verdi che nonostante le grandi attese non hanno sfondato come il Partito si attendeva.
Facciamo i conti
A urne chiuse Olaf Scholz, leader della SPD, ha parlato del risultato elettorale rivendicando per sé la guida del prossimo Governo. “Un grande successo per l’ SPD, di cui sono molto grato. Gli elettori hanno espresso la loro volontà in modo molto chiaro: hanno rafforzato SPD, Verdi e Liberali. E questi tre devono guidare il nuovo Governo”. Invece, “CDU e CSU non hanno soltanto perso molti voti, ma hanno anche ricevuto dagli elettori il messaggio che adesso non potranno più stare al Governo, ma dovranno andare all’opposizione”.
Ora al netto delle dichiarazioni SPD e CDU discutono della coalizione che guiderà il prossimo Governo (nessuno dei due ha la maggioranza per farlo da solo) ma stavolta non sarà semplicissimo trovare la quadra perché necessitano dei voti in Parlamento dei Verdi (14,8%) e del Partito Liberaldemocratico (11,5%). Tuttavia, nulla va dato per scontato perché visto il voto, se è vero che sarebbe logico pensare ad una coalizione tra SPD Verdi e Liberali, questi ultimi non hanno escluso di governare anche con la CDU di Armin Laschet, uscita annichilita dal voto. Perché? Per la SPD il problema è che i Verdi guardano a sinistra mentre i Liberali a destra. In ogni caso urne chiuse Olaf Scholz leader della SPD ha parlato del risultato elettorale rivendicando per sé la guida del prossimo Governo.
Un disastro annunciato?
A proposito di flop, oltre a quello della CDU-CSU che hanno perso 50 parlamentari rispetto alle precedenti votazioni, sono crollati l’ultradestra (AFD) e la Linke: quest’ultima finita addirittura sotto la soglia di sbarramento del 5% ed è riuscita ad entrare in Parlamento solo grazie alla vittoria in tre collegi uninominali. Sulle elezioni inutile dirlo, ha pesato il ritiro dalla scena politica di Angela Merkel che ha dominato la scena per sedici anni. Lo stile asciutto, la formazione, l’atteggiamento da scienziata e la predilezione per la sostanza delle cose sono state fra le chiavi del suo lungo successo. Ma non solo. Angela Merkel ha sempre seguito il buonsenso e i propri valori personali, forgiando un metodo di governance post-ideologico, poggiato sulla convinzione che la democrazia sia fondata sul dialogo fra le parti e il raggiungimento di un compromesso attraverso il negoziato. Merkel è diventata maestra di democrazia e tolleranza pur avendo vissuto metà della propria esistenza in un regime autoritario.
Angela e Demoni
Nei giorni scorsi è arrivato nelle librerie il nuovo libro di Daniel Mosseri, Angela e Demoni. La fine dell’era Merkel e le sfide della Germania di domani (Paesi Edizioni), fra i pochi giornalisti a cimentarsi col compito di raccontare la Cancelliera in una fase in cui un giudizio definitivo sul suo conto non può essere ancora dato a cuor leggero, ma non si limita a raccontare la parabola della giovane ossi (tedesca dell’est) scelta da Helmut Kohl nel suo quarto Governo ma fotografa successi e sfide ancora lontane dall’essere superate nella Germania che si prepara al dopo-Merkel, affidandosi alle considerazioni di due economisti, un diplomatico e la femminista più nota del Paese. Lo abbiamo incontrato e abbiamo parlato anche delle ultime elezioni in Germania.
Che eredità lascia Angela Merkel alla Germania e più in generale all’Europa?
Merkel lascia una Germania più ricca ma tecnologicamente arretrata. Con un sistema sociale solido quanto non sostenibile nel medio
periodo. Lascia la Germania senza aver completato la svolta energetica e l’Europa priva di una vero e proprio progetto per il futuro.
Quali sono le cose non fatte che lascia al suo successore?
Tre sfide importanti: decidere con che velocità il paese si lascerà definitivamente alle spalle carbone e petrolio, riformare il sistema previdenziale, rilanciare il sistema scolastico.
La CDU senza l’ormai ex Cancelliera ha visto un calo dei consensi molto forte e rischia, almeno nel medio periodo, in prospettiva di non di rigenerarsi. È così ?
La CDU (e in misura minore la SPD) è un Partito per persone dai 45 anni in su, che ha bisogno di innovarsi e aprire ai giovani, ma soprattutto è un Partito diviso, litigioso, che ha dato brutta prova di sé durante la campagna elettorale. Merkel non ha preparato la successione ma ha fatto il vuoto attorno a sé: ci vorrà del tempo e qualche scossone prima che una nuova leva di dirigenti riempia questo vuoto.
Un partito che ha deluso le attese e stato quello dei Verdi che non ha sfondato come si prevedeva. Perché?
Principalmente perché si sono affidati a una candidata cancelliera come Annalena Baerbock, forte in sorrisi e preparazione teorica ma priva di qualsivoglia esperienza di governo, anche locale. Affidarsi a lei dopo 16 anni della navigatissima Angela Merkel sarebbe stato un salto nel buio.
Lo stesso vale per l’estrema destra che da tempo pare in perdita di velocità?
Alternative für Deutschland (AfD) sconta le proprie ambiguità: da un lato si vuole partito conservatore, e dall’altro strizza l’occhio all’eversione neonazista. I dirigenti AfD sono bravi a sottolineare i problemi degli elettori all’est (spopolamento, bassi redditi, pochi servizi) ma non offrono soluzioni. E suggerire che la Germania esca dall’Ue è una provocazione che le pmi tedesche non possono tollerare neppure per scherzo.
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