Afghanistan: il 97% della popolazione rischia la povertà entro la metà del 2022. Fuga da Kabul. ( MDD 21.11.2021)

Secondo Khalil Hamraz, portavoce del dipartimento di intelligence del regime talebano “in diverse parti del Paese, sono stati arrestati quasi 600 membri dell’ISIS-K tutti coinvolti in atti sovversivi e omicidi. Tra loro ci sono alcuni membri di spicco e sono tutti nelle nostre carceri”.

Così i Talebani provano a rassicurare la popolazione che inizia a soffrire la fame e si appresta ad affrontare il rigido inverno afghano ma soprattutto i Talebani vogliono tranquillizzare Cina, Russia, Iran e Pakistan sempre più preoccupati dalla possibilità che la situazione sfugga definitivamente di mano agli ex studenti coranici. Aldilà della narrazione del regime di Kabul e delle parole di Zabiullah Mujahid, portavoce dell’Emirato islamico, che nella medesima conferenza stampa ancora una volta ha minimizzato l’ISIS-K come “una minaccia non grave in Afghanistan” e che “21 covi del gruppo terroristico sono stati eliminati in diverse province”, gli attacchi terroristici nel Paese si susseguono con cadenza giornaliera. L’ultimo è avvenuto lo scorso 12 novembre nella moschea di Nangarhar dove uno o più kamikaze del-l’ISIS K si sono fatti saltare in aria uccidendo 20 persone e ferendone 35, numeri come sempre per difetto visto che era venerdì santo e la moschea era piena di fedeli.

Quanti miliziani?

Se inizialmente lo Stato islamico dell’Iraq e del Levante-Provincia di Khorasan, dicitura che si riferisce ai territori dell’Iran, dell’Afghanistan, del Tagikistan, del Turkmenistan e dell’Uzbekistan (Grande Khorasan), era stimato in circa 2.000-2.500 uomini, oggi potrebbe contare su almeno il doppio di miliziani comandati dal misterioso ed ex membro di Al-Qaeda Shahab al-Mujari (certamente uno pseudonimo) che potrebbe essere siriano o iracheno e che si finanzia grazie al lucroso business del narcotraffico. Se il presente e il futuro dell’Afghanistan sono a dir poco a tinte fosche per poter comprendere come si sia potuti arrivare fin qui nei prossimi giorni in tutte le librerie e negli store online arriva il libro Fuga da Kabul. Il ritorno dei Talebani in Afghanistan (Ed. Paesi edizioni) scritto dal generale di Corpo d’Armata Giorgio Battisti, il quale ha servito in quattro missioni in Afghanistan subito dopo l’11 settembre 2001 e fino al 2016 nel teatro di guerra afghano come si suol dire ‹‹scarponi nel terreno›› e dalla giornalista Germana Zuffanti che da tempo si occupa di quanto accade nel martoriato Afghanistan.

Un libro per capire

Si tratta di un libro che permette al lettore di comprendere cosa è davvero accaduto in Afghanistan dall’invasione russa fino ai giorni nostri grazie ad una narrazione avvincente e ad una rigorosa ricerca. Così in questo viaggio si raccontano le molte missioni NATO, le speranze e le delusioni di chi credeva nella pacificazione, il grande ruolo avuto dall’Italia, il valore geostrategico dell’Afghanistan e degli accordi di Doha grazie ai quali è stato riconsegnato l’Afghanistan -detto anche ‹‹Il cimitero delle grandi potenze››- del disastroso ritiro dell’agosto scorso, e di come i Talebani grazie alla loro strategia non siano mai stati sconfitti da nessuno nonostante l’enorme sproporzione di mezzi. Mentre scriviamo è arrivata la notizia che alcuni giorni fa degli uomini armati che si sono presentati come Talebani hanno fatto irruzione in una festa di matrimonio nell’Afghanistan orientale: hanno fermato la musica e hanno ucciso almeno tre persone. La musica è stata vietata l’ultima volta che i Talebani hanno governato l’Afghanistan e, anche se il nuovo governo non ha ancora emesso un decreto specifico, la leadership disapprova ancora il suo uso nell’intrattenimento e lo vede ancora come una violazione della legge islamica. É davvero notte fonda in Afghanistan? Ne parliamo con gli autori del libro:

Germana Zuffanti, come vivono ora le donne in Afghanistan e che futuro le attende?

“Prima ancora che gli americani e la Nato terminassero il ritiro delle truppe dall’Afghanistan, lo scorso agosto i talebani sono tornati ed hanno imposto la più rigida interpretazione della “sharia”. Sono entrati nel palazzo presidenziale di Kabul ed hanno preso il potere, promettendo che la stampa sarebbe rimasta libera – e che le donne avrebbero visto i loro diritti rispettati anche se all’interno di un sistema di leggi basato su una rigida interpretazione della legge islamica. Ma una volta che l’attenzione internazionale anche mediatica ha iniziato a rivolgersi altrove, i Talebani hanno dimostrano il loro vecchio volto ed hanno iniziato con le barbarie, le violenze, i divieti rigidissimi per le donne, mutilandone le libertà fondamentali, a partire dall’abbigliamento con l’uso del burqa alla libertà di movimento”.

Si parla di emergenza umanitaria in Afghanistan, com’è la situazione nel Paese?

 L’Afghanistan sta tornando ad essere un angolo di mondo dimenticato in cui le donne non escono di casa se non accompagnate dal mahram (un partente maschio stretto, come il padre, il fratello), non possono svolgere attività semplici, andare liberamente a scuola, essere curate da medici uomini, lavorare fuori dall’abitazione, fare sport o altra attività che le possa esporre con il loro corpo. Mentre prima le donne costituivano poco più di un quarto del parlamento del paese e il 6,5% dei posti ministeriali, oggi sono escluse dal governo. E nonostante le false assicurazioni la maggior parte, deve ancora tornare in ufficio o in aula. L’edificio che una volta ospitava il Ministero degli Affari femminili da quando ci sono i talebani è stato riadattato per accogliere il Ministero per la propagazione della virtù e la prevenzione del vizio, la polizia morale dei Talebani. Dicevamo che le donne non possono più accedere alle università, che i servizi essenziali non sono garantiti, la gente vive in ombra, in casa, il diritto di cronaca è stato soffocato ma oggi la piaga più grande è la povertà, perché in queste condizioni tante persone hanno perso il lavoro. La situazione nel Paese è di totale caos e devastazione, soprattutto adesso che si avvicina l’inverno e che le temperature iniziano a scendere Manca la corrente elettrica e si sta al freddo. Oggi le città afghane sono senza vita: le immagini che i media ci restituiscono sono prive di colore, musiche e poche le persone in giro, specialmente donne. La gente esce poco di casa perché ha paura e non girano molte auto poiché la benzina ha un prezzo inaccessibile”.

Parola di militare

Al Generale Giorgio Battisti che ha comandato quattro missioni in Afghanistan a partire dal 2001 abbiamo chiesto com’era l’Afghanistan che conobbe: “Sono arrivato in Afghanistan il 28 dicembre 2001 con il nucleo iniziale della missione italiana per organizzare l’arrivo del grosso del contingente previsto ai primi di gennaio 2002. Il Paese che ho visto arrivando era ancora impaurito dagli anni di regime talebano che aveva rinchiuso la società in una “gabbia virtuale” fatta di assurdi divieti, terribili punizioni e sanguinose repressioni. Gli aiuti umanitari non avevano ancora iniziato ad affluire e la popolazione versava in condizioni di estrema povertà”.

Cambiò qualcosa?

“Gradualmente, con la presenza internazionale, il Paese aveva iniziato a riprendersi. Nel 2005, l’economia era quasi il doppio di quella del 2001. La popolazione di Kabul si era quadruplicata, stavano sorgendo nuovi edifici e nei negozi si trovava qualsiasi prodotto. E il progresso non era limitato alla Capitale: in tutto il Paese 1,5 milioni di ragazze andavano a scuola per la prima volta; i telefoni cellulari si erano diffusi a macchia d’olio. La salute e l’aspettativa di vita erano migliorate. Vi era meno violenza che in un qualsiasi momento dei precedenti 40 anni, e nessuna insurrezione, neanche lontanamente, era paragonabile a quella esplosa in Iraq”. Per Battisti quanto accaduto nell’agosto scorso è stato il colpo di grazia inflitto ad un Paese già fragilissimo: “Vent’anni dopo, in un caldo agosto, sono andati perduti in un attimo tutti i diritti faticosamente conseguiti e le conquiste democratiche ottenute; in particolare, il ruolo sociale delle donne, dei bambini e delle minoranze etniche (pensiamo alle donne che potevano fino a poco tempo fa uscire di casa senza il burqa e senza avere un uomo della famiglia accanto anche solo per andare al mercato)”.

MDD @riproduzione riservata

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