Mentre in Kazakistan sono in corso rastrellamenti casa per casa alla ricerca di coloro che ancora manifestano contro il regime, il bilancio di quanto accaduto finora nel Paese si aggrava: sono più di 200 i morti (ma si parla con insistenza di almeno 500 vittime) dei quali oltre 100 solo ad Almaty e 2.200 i feriti mentre sono almeno 7.939 le persone arrestate in tutto il Paese. Secondo il ministro dell’Interno ad interim, Yerlan Turgumbayev: «La situazione è stata stabilizzata in tutte le regioni del Paese ma le operazioni anti-terrorismo continuano», tuttavia, nonostante le rassicurazioni governative la rivolta in Kazakistan è ben lungi dall’essere sedata anche se ha perso di intensità. A stroncare le proteste ci hanno pensato i 2.500 militari che operano sotto l’egida del Trattato di sicurezza collettiva (Csto) di cui fanno parte varie Repubbliche ex sovietiche, ma che sono comandate dall’élite dell’esercito russo, ai quali il presidente kazako Kassym-Jomart Tokayev aveva ordinato di «aprire il fuoco senza avvertimenti». Il regime kazako insiste nella sua narrazione, ovvero che quanto accaduto fino ad ora è dovuto ad «un complotto di banditi e terroristi che hanno approfittato delle proteste di piazza innescate dall’aumento del costo del gas per scatenare la rivolta»; mentre è in corso un repulisti a tutti i livelli dello Stato kazako con arresti di funzionari tra i quali il più importante è certamente quello di Samat Abish, numero due del National Security Committee of the Republic of Kazakhstan (Knb), l’intelligence kazaka, e nipote dell’ex presidente Nursultan Nazarbayev, padre- padrone del Kazakistan per tre decenni, che è accusato di aver favorito l’assalto dei rivoltosi all’aeroporto di Almaty; ma non solo, perché secondo il Presidente kazako il Knb «ha nascosto al governo informazioni su campi di addestramento per miliziani allestiti nelle regioni montagnose del Paese».
Suicidi misteriosi
La durissima repressione in corso a tutti i livelli sta provocando anche una strana serie di ‹‹suicidi›› tra le forze di polizia e tra i militari. Il capo della polizia nella regione di Zhambyl, il generale Zhanat Suleimenov, è stato trovato morto e il ministero dell’Interno che ha confermato la morte «sta indagando sulle circostanze» ma la stampa kazaka non ha dubbi sul fatto che Suleimenov, in attesa di un processo per i disordini avvenuti nella sua zona, si sia sparato con la sua pistola d’ordinanza. Anche il colonnello del Comitato di sicurezza nazionale kazako Azamat Ibrayev è stato trovato morto, e come è morto? Il suo corpo è stato trovato sotto le finestre del suo appartamento (una vera specialità dei servizi segreti russi) che si trova al sesto piano di un palazzo a Nur-Sultan, mentre il capo della polizia di Zhambyl si è sparato mentre anche lui era in attesa del processo per i disordini nella sua regione. Lo scontro tra la vecchia e la nuova nomenclatura del regime ha fatto (e continuerà) a fare vittime eccellenti anche di personalità considerate intoccabili come i due vicepresidenti del Comitato per la sicurezza nazionale rimossi dal loro incarico.
Le ragioni della protesta
La popolazione manifesta contro il nuovo aumento del prezzo del gas naturale liquido che è utilizzato per riscaldare le case ma usato anche come carburante per le automobili. Questo ennesimo aumento è stato l’ultima goccia di benzina sul fuoco del dissenso della popolazione kazaka che da tempo vede aumentare il prezzo dei generi alimentari, della benzina, dei materiali da costruzione e del prezzo dei servizi pubblici, per altro inefficienti, mentre i loro salari restano sempre gli stessi; la disoccupazione aumenta e i membri dell’élite politica si arricchiscono a dismisura e mostrano senza alcun pudore sui social network auto di lusso, abiti firmati e vacanze da nababbi. I problemi del Kazakistan che nel sottosuolo ha immense risorse naturali quali petrolio, giacimenti d’uranio, gas, ferro, carbone e molti altri minerali preziosi -vedi le terre rare- sono iniziati nel 2014 con la crisi del prezzo petrolio, poi con la pandemia da Sars-Cov 2 è arrivato il calo del 90% delle esportazioni verso la Cina: un fatto che ha messo in ginocchio l’economia kazaka dopo vent’anni di prosperità. Altro aspetto da non trascurare è quello legato ai bitcoin cinesi: secondo alcune stime negli ultimi anni in Kazakistan si sono trasferite dalla Cina migliaia di società che producono criptovalute (nel biennio 2020-2021 sarebbero state più di centomila), tutte spinte dal basso costo dell’energia elettrica che serve a produrre le monete digitali, tuttavia, la domanda enorme di energia ha fatto saltare anche questi equilibri.
Le preoccupazioni di Vladimir Putin
Tra le molte ragioni che hanno spinto il presidente russo ad intervenire c’è il timore che con le rivolte il terrorismo islamico nella regione rialzi la testa. Ad esempio nella parte meridionale del Paese, al confine con l’Uzbekistan e lungo la valle di Fergana dove il terrorismo di matrice islamista ha storicamente trovato terreno fertile: qui ci sono oltre 2.400 moschee, un centinaio di scuole islamiche e 68 centri musulmani registrati, luoghi dove la mancanza di prospettive e le difficoltà economiche alimentano nei giovani un forte risentimento nei confronti delle istituzioni e li conducono spesso ad abbracciare l’Islam duro e puro dei salafiti. E non è certo un caso che tra qui e l’Uzbekistan siano attive decine di sigle jihadiste: Hizb ut-Tahrir al-Islami (Partito della Liberazione Islamica), il Movimento Islamico dell’Uzbekistan (Imu), l’Unione del Jihad Islamico (IJU), il Partito Islamico del Turkestan (Tim), e ovviamente lo Stato Islamico (Isis). Gruppi che vantano connessioni con i terroristi islamici del Kazakistan e altri che operano tanto nel Caucaso settentrionale quanto in Afghanistan (come Jund al-Khilafah, i temibili Soldati del Califfato): non è un caso che da quando è iniziata la rivolta ad Almaty, i sostenitori dello Stato islamico abbiano iniziato a diffondere immagini e filmati provenienti dal Kazakistan. Vladimir Putin tutto questo lo sa e teme che a Mosca si ricominci a pulire il sangue dalla strade.
@riproduzione riservata MDD