“Allarme Europa il Fondamentalismo Islamico nella nostra Società”in collaborazione con Osvaldo Migotto Capo della Redazione Esteri del Corriere del Ticino. 

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I petrodollari del Golfo finanziano l’invasione islamista dell’Europa – di Michela Mercuri

“Allarme Europa” di Stefano Piazza fa luce in modo approfondito sulla diffusione in Europa dell’islamismo fondamentalista, finanziato dagli Stati del Golfo e dalla Turchia

di MICHELA MERCURI (da www.sussidiario.net )”Allarme Europa”. Questo è il titolo del libro di Stefano Piazza (in collaborazione con Osvaldo Migotto, Allarme Europa: Il fondamentalismo islamico nella nostra società, Paesi edizioni, 2017), giornalista, imprenditore svizzero ed esperto di sicurezza. Due parole che senza mezzi termini scuotono il lettore fin dall’inizio e trovano inesorabile conferma in ogni pagina del testo.

Inizia così la rigorosa analisi dell’autore. C’è un pericolo in Europa e questo pericolo ha un nome che troppo spesso facciamo fatica a pronunciare: il fondamentalismo islamico. Non si tratta, però, di una semplice affermazione ma di una teoria che nasce da un’analisi corroborata dallo studio inedito, attento e minuzioso di numerosi casi europei. Dalla Norvegia alla Spagna, passando per la Francia e la Gran Bretagna — senza tralasciare i Balcani — il “viaggio” di Stefano Piazza tra i movimenti ispirati al salafismo è tanto realistico quanto impietoso: la penetrazione jihadista in Europa è in crescita perché può contare su un bacino pressoché illimitato di petrodollari, di milioni di euro provenienti dal governo turco e sulla “sprovvedutezza delle classi dirigenti di molti paesi del continente europeo, succubi del denaro proveniente dal Golfo persico” e  miopi dinnanzi alla diffusione del wahhabismo che ha trovato terrene fertile nelle periferie disagiate di molte capitali europee.

A chi potrebbe avere qualcosa da eccepire su questa affermazione, Piazza, con l’esperienza di chi da anni è impegnato nella causa della sicurezza nazionale ed europea, risponde con una corposa analisi di “casi studio”, senza lesinare su nomi e cognomi dei più attivi predicatori dell’odio sparsi per l’Europa e sui dettagli della loro attività. Non si può che restare stupiti dai risultati delle indagini. A partire da quello che l’autore chiama “il fallimento tedesco”, il fallimento di una Germania che sembra non capire che il radicalismo islamico rappresenta la minaccia più impellente. Nelle strade di Berlino e di altre importanti città si sono mossi indisturbati, solo per fare alcuni dei molti nomi riportati nel libro, Sven Lau, predicatore tedesco convertitosi all’islam, considerato uno dei volti più noti del salafismo locale che, prima di essere arrestato nel 2015 con l’accusa di aver supportato l’organizzazione Jamwa legata allo stato islamico, ha più volte realizzato, in tutta libertà, nutriti comizi nelle strade e nelle piazze. Come lui anche Pierre Vogel, nome assai noto nel web per i video caricati su Youtube con la missione di convertire i giovani tedeschi.

Non va meglio in Belgio, definito un vero e proprio “laboratorio del jihadismo”. Anche qui le storie sono tanto numerose quanto temibili, come quella di Khalid Zerkani detto anche “l’emiro di Molenbeek”, salafita e uomo dalla fortissima personalità che ha “traviato”, secondo gli inquirenti, una lunga lista di giovani. Non mancano neppure le storie di molte organizzazioni radicali, più o meno note, come quella della Sharia4Belgium che ha operato nel paese per molti anni e che, nelle intenzioni del suo fondatore, Abu Imran, avrebbe dovuto trasformare il paese in un emirato islamico salafita.

Nulla sembra sfuggire all’analisi e anche il caso italiano è esaminato nel dettaglio. Qui sono i petrodollari in prevalenza qatarioti a farla da padrone. Basta passeggiare per le note vie dello shopping milanese per notare i mega-investimenti immobiliari del piccolo ma potente Stato del Golfo. C’è però, fa notare Piazza, una contropartita: gli emiri del Qatar, di stretta osservanza wahhabita, finanziano anche decine di moschee e centri culturali assieme ai sauditi e alla Turchia, con l’obiettivo di diffondere la loro ideologia nel paese e, dunque, con il rischio di immancabili derive estremiste.

L’Italia non è neppure immune dalla cosiddetta “Balcan connection” che è tanto virtuale quanto reale. I rischi passano per il web e le “stanze segrete virtuali” che vanno dai Balcani verso il nord Europa, transitano per le regioni italiane di frontiera e poi diventano terribilmente reali, dando vita a basi logistiche per i terroristi.

Gli esempi potrebbero continuare e per questo si consiglia la lettura di questo testo, avvincente e concreto, per avere un quadro esaustivo della situazione. Ognuno potrà trarre le proprie conclusioni. Chi scrive, però, non può esimersi dal rimarcare le importanti considerazioni che emergono anche nelle due interviste realizzate dallo scrittore — e riportate nel testo — a Massimo D’Alema e Edward Luttwak. In primo luogo, come sottolinea l’economista americano, ci sono ancora Stati europei che, nonostante gli attentati subiti e la conclamata presenza di personalità estremiste all’interno dei loro territori, non sono in grado di costruire “sistemi di protezione funzionanti”, lasciando colpevolmente che al loro interno pullulino zone grigie palesemente incontrollate; in secondo luogo, ricorda l’ex ministro degli Esteri, è necessario che il mondo islamico non estremista reagisca con maggiore determinazione.

Infine, ammonisce Stefano Piazza, con coraggioso realismo, ben pochi hanno la voglia di delegittimare personaggi che, sfruttando le nostre debolezze, “ogni giorno approfittano del buonismo della nostra società per spargere odio”. Sarà forse questo il vero grande problema?

 

il 18 aprile 2017
Una panoramica interessante su ciò che sta accadendo in Europa. Qualcuno ancora si ostina a chiudere gli occhi. Consiglio vivamente l’acquisto di questo libro.
l 17 luglio 2017
Un libro lucido e ricchissimo di informazioni, molte delle quali inedite, che permettono all’autore di fare un’analisi fuori dai pregiudizi ma dentro la storia, per comprendere cosa sta diventando l’Europa e come si trasformerà negli anni a venire. Indispensabile per affrontare i prossimi anni con consapevolezza e strumenti appropriati. Spero esca presto in inglese per avere tutta la diffusione che merita.
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il 20 agosto 2017
Chi non vuole vedere, chi non vuole capire, chi ha vantaggio a non vedere e a non capire, chi è troppo stupido per essere in grado di vedere e di capire, chi è fatto così non sarà scosso neppure da questo libro. Ma per tutti gli altri, è un libro utilissimo.
il 27 marzo 2017
Davvero molto interessante e al tempo stesso inquietante. Non avevo idea che la diffusione del salafismo fosse tale e tanta. Complimenti per il lavoro di ricerca. Libro utile e coraggioso.
il 27 marzo 2017
Tema di attualità. Molto interessante, lo consiglio vivamente! Si legge tranquillamente, il tema è tecnico ma lo possono comprendere tutti!

“Allarme Europa”. Il libro sul Fondamentalismo Islamico nella nostra Società. Il libro è una sorta di manuale di navigazione nel sulfureo mondo del fondamentalismo islamico europeo

Una mappa aggiornata dell’inarrestabile ascesa delle frange più radicali dell’Islam nel Vecchio Continente. “Allarme Europa-Fondamentalismo Islamico nella nostra Società” è il titolo del saggio pubblicato dalle edizioni G-Risk per la collana “Servizi e Segreti” firmato dall’esperto di sicurezza svizzero Stefano Piazza che lo ha scritto con la collaborazione del responsabile delle pagine degli Esteri del Corriere del Ticino Osvaldo Migotto.

Il libro prima di tutto, è una sorta di manuale di navigazione nel sulfureo mondo del fondamentalismo islamico europeo (e un capitolo è dedicato anche al loro paese, la Svizzera), ma è anche se non soprattutto un segnale d’emergenza per una minaccia che, secondo gli autori, non è del tutto compresa. Un libro coraggioso, utile per capire cosa sta accadendo, un prontuario di sigle, molte biografie, concetti utili e un riepilogo di fatti che certificano il tentativo di una parte del mondo musulmano di imporsi e di soppiantare le società che lo ospitano alle quali oggi si ribellano.

«Questa ricerca – si legge all’inizio del libro – è un tentativo di raccontare la silenziosa ma micidiale diffusione in Europa delle versioni estreme dell’ideologia islamista-salafita avvenuta nel corso degli ultimi decenni». Piazza e Migotto segnalano l’avanzata dei radicali musulmani e denunciano chi l’ha favorita, ovvero «un enorme flusso di petroldollari» e la «sprovvedutezza delle classi dirigenti di molti Paesi del continente europeo che, succubi della necessità di petrolio e abbagliati dal denaro proveniente dal Golfo Persico, hanno fatto sì che si diffondesse nel nostro continente il wahhabismo. Salafiti? Wahhabismi? Niente paura: il saggio è destinato al lettore comune che trova subito delle schede didattiche con spiegazioni semplici dei termini gergali utilizzati (come salafismo, wahhabismo e Fratellanza Musulmana). Un ABC che introduce rapidamente il lettore a sigle, personaggi e movimenti che dominano la cronaca dei nostri giorni. In particolare alla realtà dello Stato islamico che – questa è la tesi preoccupante del libro – proprio perché in Medio Oriente si sta sgretolando, rischia ora di cercare la propria ribalta colpendo l’Occidente in modo ancora più violento di quanto non abbia già fatto al Bataclan, a Nizza, a Bruxelles o a Berlino e Londra.

La mappa dell’Islam radicalizzato in Europa è inquietante. Si parla di «Balcanistan» (i Balcani sono una delle basi più attive nel reclutamento dei foreign fighters per l’ISIS) e il «fallimento tedesco», dove crescono movimenti come Milli Görüs, la più grande associazione islamica di origine turca, e il pericolo di infiltrazioni terroristiche fra i migranti. E dove l’accoglienza di migranti della Merkel ha scatenato la reazione di partiti come l’Alternative für Deutschland. Nel saggio si descrivono con dovizia di particolari i quartieri radicalizzati del Belgio: «A Molenbeek oggi hanno sede 22 moschee ufficiali e decine di ritrovi e case di preghiera dove il salafismo radicale si è sviluppato grazie a un’incessante propaganda sotto gli occhi benevoli del sindaco». E si ricordano Paesi come l’Olanda dove il terreno per l’islamismo radicale è fertile da tempo, «come dimostrato già nel 2004 dall’assassinio del regista Theo Van Gogh», autore del controverso film Submission. Il tollerante Nord del Vecchio Continente deve fare i conti con gruppi come Hizb ut-Tahrir («partito della liberazione») in Danimarca, Profetens Ummah («comunità del profeta») in Norvegia e altri analoghi in Svezia. Paese, quest’ultimo, dove, «con il fallimento delle politiche d’integrazione e la crescente disoccupazione giovanile, si sprigionano energie negative di ogni genere: come il neonazismo con gli estremisti di destra che nel 2015 si sono resi protagonisti di diversi attentati contro le moschee di Uppsala, Eskilstuna ed Eslöv». Ampio spazio è dedicato alla Gran Bretagna nel capitolo «L’Emirato britannico» alla Spagna, primo Paese occidentale colpito duramente, dopo l’11 settembre, con quasi 200 morti nel 2004, alla «Francia ferita» delle Zones urbaines sensibles, all’Austria divisa tra influenza turca e araba e all’Italia che fino ad oggi ha evitato episodi stragisti come quelli che hanno messo in ginocchio i suoi vicini.

Nell’insieme emerge l’impressione di un continente lento a comprendere il fenomeno del radicalismo islamico che tocca e da vicino anche la Svizzera. Gli autori mettono a fuoco realtà controverse come la moschea An’Nur di Winterthur al centro dei fatti recenti e ricordano il blitz nel quale era stato arrestato un imam etiope (Shaik Abdurrahman) e altre tre persone. L’imam che nei suoi sermoni invitava a «uccidere e a denunciare i musulmani che non partecipano alle preghiere comuni». Gli autori senza giri di parole pongono domande severe su realtà come l’organizzazione salafita “Consiglio Centrale Islamico Svizzero” e il suo controverso fondatore, Nicolas Andrev Blancho. Non mancano i profili di alcuni jihadisti che in Svizzera hanno a lungo vissuto o si sono affermati nello sport come il campione di kickboxing Raim Moutaharrick che si allenava in Canton Ticino da poco condannato a sei anni in Italia. Questo saggio potrebbe essere una sorta di prontuario argomentativo per chi vede nell’Islam un nemico frontale dell’Occidente ? No perché gli autori ci ricordano che solo una minima parte dei due miliardi di musulmani è estremista. Da segnalare infine anche le tre interviste ben integrate nel libro, al noto esperto di strategia militare e geopolitica Edward Luttwak, all’ex premier italiano Massimo D’Alema e a Saida Keller Messahli leader del “Forum per L’Islam Progressista in Svizzera”. Un libro a tratti duro, un pugno nello stomaco che spiega come l’Europa sia diventata una “fabbrica di estremisti” con i quali purtroppo avremo e per molto tempo, ancora a che fare.

Daniele Lazzeri
Chairman think tank “Il Nodo di Gordio”
www.NododiGordio.org

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